Ubicata nel cuore del centro storico, la chiesa viene da antichissimo tempo considerata “Madre” perchè nata prima delle altre. L’originaria, difatti, risale al VII-VIII secolo, tempo in cui si stabilirono in Deliceto i Longobardi e vi impiantarono una loro corte con una chiesa dedicata a S. Salvatore.
Il documento più antico che la menziona appartiene ad Arechi II(duca di Benevento dal 758 al 778), che la donò all’abbazia di Santa Sofia di Benevento. Quel tempio, di presumibile stile romanico, fu nel corso dei secoli più volte rimaneggiato, finchè non venne abbattuto del tutto nel 1744 per cedere il posto all’attuale.
Il nuovo vide la luce solo nell’anno 1800 a causa delle continue interruzioni dei lavori. Imponente e bello, gode di un fascino tutto suo, che gli deriva dall’avere le facciate laterali in pietra viva, in conformità con il tessuto storico-architettonico locale e l’interno scenografico e solenne, con soluzioni formali, che colpiscono l’immaginazione e rendono leggibile lo stile tardo barocco del ‘700.
La facciata principale, a due ordini, è formata da una dinamica superficie convessa che riduce, illusoriamente, la distanza tra le ali. Su di essa si trova l’accesso: un portale incorniciato di lesene e frontoni che poggia su una scalinata rettangolare a due branche simmetriche.
L’interno presenta una pianta a croce latina a tre navate. Nella crociera s’innalza la cupola che precede l’abside ornato di un bel coro ligneo. Un cornicione separa l’ordine inferiore, rappresentante la sfera umana, da quello superiore, simbolicamente considerato la zona del divino. In questa si aprono otto finestroni ornati da vetrate istoriate nella direzione dei quattro punti cardinali, sia per evidenziare l’onnipresenza di Dio, sia per creare quel piacevole gioco di chiaroscuro, tipico dell’architettura barocca.
La vetrata del finestrone centrale, che sovrasta l’abside, raffigura il Salvatore. Le cappelle, appena illuminate da finestrelle strombate all’esterno hanno tutte una cupoletta, ornata di fiorami e festoni dorati. In esse si trovano, collocati in cornici a stucco, riproducenti le linee della facciata principale, o un dipinto o una statua.

Nella prima cappella di destra c’è la tela della “Madonna del Carmine con le anime del Purgatorio”; nella seconda “La Pentecoste”, datata 1639 e nasconde, forse, il nome del suo autore. Fu restaurata nel 1857 dal sac. Scipione Nunziata, dilettante in pittura e scultura, come si legge in calce al quadro, e alcuni anni fa dalle Belle Arti di Bari.
Nella prima cappella di sinistra ci sono le statue di “Gesù morto” e dell'”Addolorata”; nella seconda quella di Santa Rita. Nel braccio di sinistra del transetto si ammirano il dipinto del “Martirio di San Mattia Apostolo” collocato su un altare di marmo bianco, e la statua del “Sacro Cuore di Gesù”, posta su un altarino di marmi policromi, proveniente dalla “Stanza di S. Alfonso” del Convento della Consolazione.
Nella navata di destra spiccano il dipinto del “Beato Benvenuto” in preghiera e la statua della “Madonna dell’Olmitello”, collocati rispettivamente su un altare di marmo bianco e su uno di marmi policromi.
Nell’abside campeggia l’altare maggiore formato da un tavolo in marmo, preceduto da una mensa eucaristica. La porta secondaria della chiesa si apre sulla facciata di destra e reca sull’architrave la seguente iscrizione in latino che tradotta è:
“Qui, dove a sinistra si apre l’ingresso, posero il primo fondamento la pietà e la fede, venera dunque, o ospite, il mistero di così grande pietra, e va'”.
La torre campanaria è la stessa della vecchia chiesa e risale quindi al XIV sec. In origine in aggetto ad essa, è oggi accorpata al tempio. Divisa in tre piani conserva in quello centrale l’orologio.

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